Pignoramento dello stipendio: che cos’è e come funziona

75

Come funziona il pignoramento dello stipendio? Può essere pignorato interamente o solo in parte? Cerchiamo di fare chiarezza sull'argomento per capire meglio cosa dice la legge.

Il pignoramento dello stipendio è una procedura di cui il creditore può avvalersi per recuperare una somma di denaro che il debitore non ha provveduto a restituire. È un atto formale che rientra nei casi di pignoramento presso terzi, cioè un procedimento esecutivo che coinvolge un terzo soggetto, che può essere il datore di lavoro o un istituto bancario, come vedremo più nel dettaglio.

In prima istanza, il creditore deve poter dimostrare il suo credito tramite un documento, che può consistere in cambiali, assegni, decreti ingiuntivi o atti pubblici ricevuti da un notaio.

Prima ancora di procedere al vero e proprio pignoramento, è dovuto un atto di notifica (precetto) tramite cui si avvisa il debitore che, se non provvederà a risolvere il debito entro 10 giorni, si procederà all’esecuzione forzata.

Se dopo i 10 giorni il debito non è stato estinto, si provvede materialmente al blocco del conto corrente e al pignoramento delle somme sullo stipendio.

Difesa Debitori

Come si calcola il pignoramento del quinto dello stipendio

I crediti assoggettabili al pignoramento si calcolano su un quinto dello stipendio. Questa somma è considerata, occorre specificare, sullo stipendio netto, escluse cioè le imposte, le trattenute di legge, le cessioni volontarie o le deleghe di pagamento che gravano sullo stipendio.

Si tratta insomma di una trattenuta del 20% sull’intera busta paga. Questa è una grossa differenza tra il pignoramento pensione e il pignoramento stipendio: minimo vitale, essenziale per il calcolo del quinto sulla pensione, è un concetto estraneo alla logica del pignoramento dello stipendio, anche in casi di redditi molto bassi il cui residuo è al limite della sopravvivenza.

Bisogna sottolineare che talvolta i pignoramenti possono eccedere il limite di 1/5; ciò avviene quando concorrono pignoramenti di natura differente (ad esempio crediti privati, crediti dovuti allo stato e crediti per alimenti). In questo caso rimane però il confine di demarcazione che le quote dovute ai creditori non superino la metà dello stipendio.

Pignoramento stipendio: limite massimo

Le somme dovute come stipendio, salario o indennità relative al rapporto di lavoro possono essere pignorate con limiti diversi a seconda che tale ammontare sia depositato in banca o presso il datore di lavoro.

In tutti i casi l’insolvente è al corrente dell’una o dell’altra opzione perché l’ufficiale giudiziario gli comunica, nell’atto di notifica di cui abbiamo parlato sopra, anche il nome del terzo pignorato, sia esso l’istituto bancario o l’azienda dove il debitore lavora.

Pignoramento stipendio datore di lavoro

Dopo la notifica, il datore di lavoro deve comunicare al creditore, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o Posta Elettronica Certificata (Pec), se il debitore è a credito di stipendio.

Dopo questa comunicazione, occorre presentarsi davanti ad un giudice: nella notifica di pignoramento è infatti contenuta anche una citazione a comparire in udienza valida per tutte e tre le parti coinvolte, cioè debitore, creditore e datore di lavoro.

Se il terzo pignorato favorisce una dichiarazione positiva, e cioè se il debitore deve ricevere da lui somme di denaro, si procede al pignoramento. Da questo momento il debitor debitoris, ossia il terzo, tratterrà dalla busta paga del dipendente 1/5 dell’ammontare, e lo verserà al creditore fino a che il debito non sia estinto.

Pignoramento presso terzi e cessazione del rapporto di lavoro

Se invece la dichiarazione è negativa, quindi nei casi di dimissioni e licenziamenti, significa che il debitore non ha crediti. Trattandosi quindi di pignoramento del quinto e licenziamento, il datore di lavoro provvede a trattenere 1/5 del TFR (Trattamento di Fine Rapporto).

Il quinto del TFR può essere superiore o inferiore rispetto al debito residuo: se è superiore, il debito è naturalmente saldato, mentre se è inferiore, il pignoramento verrà sospeso e rinnovato qualora il debitore venga riassunto in quella o altra azienda.

Pignoramento in banca

La procedura per il pignoramento in banca segue le stesse modalità di notifica del pignoramento presso il datore di lavoro, con la differenza che il terzo in questo caso è l’istituto di credito e non l’azienda per cui si lavora.

Quando viene notificato il pignoramento alla banca, questa provvede immediatamente a bloccare il conto corrente: se non ci sono somme depositate allora pignoramento verrà chiuso con esito negativo.

In presenza di somme depositate derivanti da accrediti di stipendio come lavoratore dipendente, il pignoramento non è mai integrale: è infatti soggetta a pignoramento solo la differenza tra la cifra sul conto corrente e la quota corrispondente a tre volte l’assegno sociale. L’ammontare dell’assegno sociale, variabile di qualche euro di anno in anno, è di circa 450€. Ciò significa che risulta pignorabile la cifra presente sul conto corrente meno 1350€ circa.

Questo stato di cose è piuttosto recente ed è stato ottenuto grazie alla legge sul pignoramento stipendio del 27 giugno 2015: prima di questa data, infatti, i risparmi sul conto potevano essere pignorati per intero.

Pignoramento stipendio per crediti alimentari e mantenimento

Come abbiamo visto, il pignoramento dello stipendio non prevede un minimo vitale che deve essere preservato; ci sono tuttavia dei limiti al pignoramento in tema di assegno di mantenimento.

Tale assegno infatti può essere pignorato solo relativamente alla quota che non è ritenuta necessaria per la sussistenza e per le primarie esigenze del beneficiario.

Bisogna fare attenzione a non confondere il mantenimento con i crediti alimentari.

Gli alimenti sono un sussidio atto a sostenere chi non riesce a provvedere da solo alla propria sopravvivenza; il mantenimento serve invece a fare appunto mantenere all’ex coniuge più debole lo stesso tenore di vita condotto durante il matrimonio.

Per questa ragione l’assegno di mantenimento non può essere pignorato se ha anche carattere alimentare, circostanza che viene stabilita dal giudice del merito.

Pignoramento stipendio per debiti col Fisco

Il limite di 1/5 che abbiamo visto pochi paragrafi fa è tale solo per i debiti contratti con privati; per debiti di natura esattoriale ci si riferisce invece a quote di 1/10 se lo stipendio è inferiore a 2500€, 1/7 se lo stipendio è compreso tra i 2500€ e 5000€, e torna a 1/5 per stipendi che eccedono i 5000€.

Questi limiti riducono notevolmente la quota di stipendio dovuta all’Agenzia Entrate-Riscossione, ma allungano i tempi del soddisfacimento del debito.

Le nuove norme escludono dalla pignorabilità l’ultimo stipendio, che deve rimanere a disposizione del debitore.

Inoltre dal 1° luglio 2017 Equitalia è stata sostituita dall’Agenzia Entrate-Riscossione cui abbiamo accennato prima. In questo modo l’ente per il controllo e quello per la riscossione sono accorpati, velocizzando così i tempi di pignoramento. La nuova Agenzia avrà accesso diretto alle banche dati dell’Anagrafe Tributaria e potrà prelevare direttamente dal conto corrente le somme necessarie ad estingue il debito, nei limiti di cui sopra.

Pignoramento stipendio e TFR

Il pignoramento si estende anche al TFR dei dipendenti pubblici e privati che siano soggetti a contratto della durata minima di 3 anni, che possano estinguere il debito tramite trattenute del quinto per periodi non superiori a 10 anni.

L’azienda che provvede al pignoramento del TFR ne quindi tratterrà il 20%, ma lo verserà al creditore solo dopo l’udienza in tribunale.

Se invece il TFR viene depositato in banca, la questione è più spinosa; alcuni orientamenti giurisprudenziali ritengono che in questo caso il TFR sia pignorabile per intero, perché la somma così giacente nel conto corrente ha perso la sua natura lavorativa e si confonde con i risparmi e le altre quote presenti.

È possibile però presentare un’opposizione all’esecuzione riuscendo a dimostrare che nel conto corrente sono stati fatti affluire crediti unicamente derivati dal lavoro, ma si tratta comunque di una zona grigia della legge su cui poco e nulla possiamo dare per certo.