Pignoramento conto corrente

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Tutto sul pignoramento del conto corrente: quando avviene, quali sono i rischi, in che maniera si può evitare e cosa fare se si ha il conto pignorato.

Il pignoramento del conto corrente rientra nella tipologia di pignoramento presso terzi; è una procedura che serve a bloccare e prelevare una certa somma di denaro che il pignorato deve ad un creditore. La parola “terzi” si riferisce a banche, istituti di credito in generale, società di finanziarie e datori di lavoro.

Il blocco del conto corrente e il prelevamento coatto della somma per sanare il debito avvengono, generalmente, quando non si hanno beni (mobili o immobili) da porre a garanzia; in questo caso infatti il creditore agisce sul conto corrente o, se questo non presenta la somma sufficiente, sullo stipendio/pensione.

In breve, ma vedremo più nel dettaglio la procedura, è un giudice ad autorizzare il blocco della cifra per cui si ha il debito. La quota rimanente è comunque a disposizione del titolare del conto. È un’informazione che val la pena sottolineare perché non tutti sanno che non è l’intero conto corrente ad essere pignorato, ma la sua parte limitata alla cifra debitoria.

Altra notizia importante è che viene considerato nullo il pignoramento disposto dal concessionario della riscossione fuori dall’ambito territoriale assegnato all’amministrazione finanziaria. Per semplificare, è bene sapere che puoi fare ricorso se il concessionario che svolge l’attività di riscossione sta operando fuori dal suo ambito territoriale (ad esempio in un’altra provincia), perché la potestà assegnatagli dal legislatore è valida solo ed esclusivamente entro quei confini.

Difesa Debitori

Pignoramento conto corrente: la procedura

Per potere procedere al pignoramento del conto corrente, il creditore privato deve essere in possesso di un titolo esecutivo, ossia un documento legale che dimostri l’esistenza e l’entità del credito che egli vuole riscuotere. Tale titolo può essere, ad esempio, un’ingiunzione di pagamento, una cambiale, un assegno, un mutuo.

Apriamo una piccola parentesi utile. Chi intendiamo per creditore privato? Semplicemente qualunque soggetto che non sia il Fisco (ne parleremo a breve perché la procedura è diversa), dunque banca, posta, imprese, finanziarie, società di persone e cittadini privati.

Il pignoramento vero e proprio è l’ultimo step di una lunga trafila.

Prima infatti viene comunicato un atto di precetto tramite un ufficiale giudiziario. Si tratta di una sorta di ultimatum che lascia 10 giorni per procedere al pagamento del dovuto. L’atto ha un’efficacia di 90 giorni, e se scade occorre farlo notificare nuovamente.

A questo punto il creditore può procedere alla notifica dell’atto di pignoramento propriamente detto, inviandone una copia alla banca e una al debitore. Tramite l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario comunica all’istituto di credito di bloccare la possibilità del debitore di prelevare e utilizzare la quota oggetto di pignoramento.

Naturalmente al 99% la somma che deve essere pignorata non corrisponde a quanto effettivamente presente sul conto. Se questo ha un saldo superiore al debito, il creditore potrà pignorare, e dunque la banca bloccare, solo la cifra pari al dovuto e, al massimo, un altro 50% da intendersi come rimborso per spese della procedura e interessi. Ad esempio, se il debito è di 1.000€, il creditore può rivalersi su 1.500€.

Congiuntamente all’atto di pignoramento si riceve un invito a comparire davanti ad un giudice; durante l’udienza il giudice, se non ci sono opposizioni del debitore, assegna al creditore la somma pignorata.

A questo punto vediamo come un debitore può, invece, opporsi. Innanzitutto se contesta l’insolvenza di per sé, diciamo la sua natura, può, tramite l’avvocato, procedere con l’opposizione all’esecuzione; se invece si tratta di vizi formali, va presentata l’opposizione agli atti esecutivi.

Purtroppo i lunghi tempi dei tribunali fanno sì che spesso passino diversi mesi tra il pignoramento e l’udienza al Tribunale, durante i quali il conto rimane bloccato.

Pignoramento conto corrente con stipendio o pensione

Il legislatore ha posto dei limiti al pignoramento del conto corrente nel caso vi confluiscano accrediti da stipendio o da pensione.

Gli importi già depositati sul conto prima del pignoramento, possono essere bloccati solo nella parte che supera il triplo dell’assegno sociale, nel 2018 fissato a 453€. Ad esempio, un conto corrente con 3.000€ può essere pignorato solo di 3.000-1359=1.641€.

Stipendi o pensioni versati dopo il pignoramento, possono essere pignorati per un quinto.

Nel caso in cui il creditore sia l’Agenzia Entrate-Riscossione, infatti, la banca può bloccare un decimo se lo stipendio è inferiore a 2.500€, un settimo se compreso tra 2.500€ e 5.000€, e un quinto se superiore a 5.000€.

Questi limiti sono validi solo nel caso in cui il conto sia alimentato esclusivamente da stipendio o pensione; se si hanno redditi di natura diversa è opportuno farli confluire su conti differenti, perché salvo questi due casi indicati (e i conti cointestati) il conto corrente è pignorabile al 100%.

Queste stesse regole valgono per il pignoramento del conto corrente con TFR.

Attenzione anche agli assegni. Se sono stati emessi assegni prima del pignoramento del conto, il rischio concreto è quello di subire un protesto.

Può sembrare illogico, ma occorre sapere che non è tanto importante per la legge la data di emissione dell’assegno, quanto il momento in cui viene incassato. Dunque, se viene incassato durante la procedura di pignoramento e il residuo del conto (cioè la parte non bloccata) non riesce a coprirlo, l’assegno sarà protestato.

Il titolare del conto e dell’assegno ha 60 giorni di tempo per pagare; superato il decorso si viene inseriti negli elenchi CAI, Centrale di Allarme interbancaria.

Pignoramento conto corrente da Agenzia Entrate-Riscossione

Con la legge di Bilancio del 2017, è stata abolita Equitalia e sostituita con l’Agenzia Entrate-Riscossione, che ha più poteri rispetto al vecchio organo.

Riguardo il pignoramento del conto, infatti, l’Agenzia può procedere direttamente al blocco e al prelevamento forzoso della somma debitoria senza aspettare l’autorizzazione del giudice, cosa che invece Equitalia era obbligata a fare. La cartella esattoriale, insomma, è diventata un atto esecutivo al pari dell’atto di precetto previsto nel caso di altri creditori.

L’Agenzia può inoltre accedere al database dell’INPS e dunque pignorare stipendio o pensione; se infatti il deposito sul conto è inferiore al debito, l’ente può rivalersi su ulteriori entrate che ivi confluiscono. Gode, insomma, di una corsia preferenziale, potendo accedere all’anagrafe tributaria.

> vedi anche la nostra guida su “Liberarsi dai debiti con l’Agenzia Entrate-Riscossione (ex-Equitalia): in una mossa

Il pagamento all’Agenzia Entrate-Riscossione deve avvenire entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento; se non si paga subentra la banca, che versa direttamente al Fisco la somma che avrebbe dovuto elargire il debitore, prelevandola dal suo conto corrente. Il pignoramento, è bene saperlo, viene notificato prima alla banca e poi all’insolvente, in modo che quest’ultimo non “prosciughi” il conto.

Esiste tuttavia la possibilità di rateizzare l’importo, ma occorre farne richiesta entro i 60 giorni di cui sopra; se si ottiene l’autorizzazione e si esibisce la ricevuta del primo pagamento, il pignoramento del conto corrente viene bloccato, perché sostituito, appunto, con un rimborso diluito nel tempo.

Pignoramento conto corrente: come si può evitare

Sì, a patto di rinunciare ad avere una vita finanziaria. Che in altre parole significa no, non si può evitare il pignoramento. Ma vediamo meglio quali “trucchetti” sono possibili, posto che ognuno ha naturalmente un prezzo da pagare.

Lasciare il conto “vuoto”

Una delle strategie più utilizzate è quella di lasciare il conto “vuoto”. Le somme vengono prelevate o trasferite in una carta prepagata (o altro conto) intestato ad un parente o amico.

Qual è il lato negativo? Semplice: se sul tuo conto viene accreditato lo stipendio o la pensione, non passerà molto che il pignoramento del conto si trasformerà in cessione del quinto dello stipendio o pensione per saldare i debiti. Senza contare che oggigiorno non avere un conto corrente è castrante: quante volte dobbiamo fare acquisti online? O domiciliare le utenze? O semplicemente fare un bonifico?

Tuttavia, se non la propria situazione economica è precaria, può essere più vantaggioso restituire il dovuto con i limiti imposti dalla cessione rispetto ad avere l’intera somma bloccata. Inoltre, se il conto è in rosso, il creditore è insoddisfatto e il giudice ne autorizza lo sblocco. Attenzione però: in futuro potresti incorrere in altre forme di pignoramento, e in tutti i casi il creditore può chiedere il blocco del conto una seconda volta quando questo torna in attivo.

Aprire un secondo conto

Altro modo è quello di aprire un secondo conto, chiamiamolo di emergenza, presso un’altra banca. Ma quanto ci metterà il creditore a trovarlo? Poco o nulla.

Nel caso di un privato, questi può chiedere al Presidente del Tribunale l’autorizzazione per consultare l’anagrafe dei conti correnti presso l’Agenzia Entrate-Riscossione. Qui troverà immediatamente tutti i conti intestati al debitore.

Certo, il creditore dovrebbe venire a conoscenza del nuovo rapporto bancario prima di farne richiesta, ma non è una possibilità da escludere. E per l’Agenzia è ancora più semplice, poiché come abbiamo detto può accedere a questo database senza passare dal Tribunale.

Aprire una carta prepagata con IBAN

La carta prepagata con IBAN è una soluzione interessante per evitare il pignoramento del conto.

Ha le stesse funzionalità del conto corrente (permette di fare e ricevere bonifici, lo stipendio, la pensione) ma mette al riparo da eventuali rischi.

Possono aprirla tutti, anche i disoccupati ed i protestati / cattivi pagatori.

Un’alternativa alla carta classica con IBAN è quella anonima.

Cointestare il conto

Infine, si può cointestare il conto: in questo caso non potrà essere bloccato più del 50% dell’intero importo depositato. Inoltre, per effetto della solidarietà attiva, il soggetto pignorato può comunque effettuare operazioni (ad esempio bonifici o prelievi) sulla metà del conto di pertinenza del cointestatario non pignorato.

> vedi anche la nostra guida su “Come pagare i debiti e vivere felici: i migliori libri da comprare